|
Oratorio del Rosario
Ronchi Buscoldo di Curtatone
Da
documenti d’archivio storici tratti dall’archivio
Parrocchiale di Buscoldo che risalgono al 1780 fu benedetto ai Ronchi
un oratorio, detto anche Oratorio del Rosario o Oratorio della
Madonnina.
In
questo oratorio ormai diventato una rovina, era presente la statua
della Beata Vergine Ausiliatrice che gli abitanti di Corte Cavriani
hanno custodito fino ad oggi. Da un’espressa volontà degli
abitanti di tutta la Borgata Ronchi, con il coinvolgimento del parroco
di Buscoldo, si riuniscono per dare vita alla costruzione di una Nuova
Chiesetta Oratorio al centro della borgata.
Cappella del cimitero
Buscoldo
Nel territorio della parrocchia di Buscoldo sono presenti, nel 1546, le chiese campestri di San Giorgio
e di San Lorenzo, in cattivo stato di conservazione.
Viene ordinato di demolire la chiesa di San Lorenzo da parte degli
uomini di Montanara e di utilizzare il materiale per la parrocchiale di
Montanara (Putelli 1934).
Nel 1676 è segnalato un “capitello” presso la casa
del marchese Giulio Strozzi (Visita Cattaneo 1676), mentre
all’inizio del 1900 sono presenti gli oratori della Beata Vergine del Buon Consiglio detto della Madonnina, della Beata Vergine Ausiliatrice a Ronchi e di San Gaetano
(Visita Origo 1901).
Prefazione
Reliquie di un'epoca
Sparsi sul
territorio, ai bordi delle strade, ai crocicchi, all'interno di cadenti
complessi rurali, in luoghi ora apparentemente insignificanti, sono
rintracciabili silenziosi e muti, spesso privati della loro storia, i
cimeli antichi della devozione, della credenza e della fede di gente
umile, dal vivere semplice. Nell'ornato del territorio, i tempietti, le
edicole, le cappelle e gli oratori, le nicchie, i dipinti murali
decorativi raffiguranti santi, Madonne e angeli oranti, rap presentano
i segnacoli di fede essenziale di una umanità mite.
I piccoli santuari
campestri, custodi dei sentimenti e della pietà popolare,
conservano i resti di immagini consacrate dalla religiosità a
protezione degli animali, dei campi e della gente che quei luoghi
frequenta e vive. Tra queste sacralità dipinte a parete o di
coccio colorato di nessun valore artistico, salvo poche eccezioni,
appaiono spesso immagini di defunti, congiunti della gente che nei
pressi di mora, segno tangibile di una cultura che lega in modo diretto
la terra al cielo con un profondo sentimento di venerazione verso i
santi e il culto dei propri morti.
Questi segni sono, per
la memoria dei sentimenti antichi, autentici monumenti e significative
reliquie di una tradizione e di un modo di vivere che, con lo scorrere
del tempo e del progresso incalzante, si è andato modificando,
sino al punto da scomparire nelle sue forme fondamentali e nelle sue
tradizioni specifiche e originali.
Questo modo di vivere i
valori e le tradizioni era, in passato, fondamento di una cultura ormai
collocata nel tempio della memoria residua con tutto il fascino e il
corollario dell'antico. Adesso, semplicisticamente, la modernità
gratificata nel suo rispolvero fantastico, alimenta questo mondo in
oblio di tenere nostalgie e di immaginazioni ideali.
Abbagliati dal
consumismo dominante, dove niente è duraturo, quel passato viene
in dicato come tempio di valori veritieri ed esemplari di una
civiltà e di una cultura definita, con difetto di limite,
"contadina" che però scompare ora, in questo nostro tempo.
I piccoli oratori,
complemento della struttura autosufficiente costituita dalla corte
rurale, causa anche lo spopolamento delle campagne, che ha l'effetto di
interrompere le tradizioni radicate nel recente passato e spesso nel
remoto, immersi ormai tutti in una contemporaneità dimentica dei
sentimenti antichi, questi oratori restano li, incomprensibili ai
più. Una umanità umile e pragmatica segnava i luoghi
abitati o di transito con figure care al suo sentire, portatrici di
bene che, invocate con fede e fiducia, davano forza nell'affrontare le
avversità e le calamità naturali quali alluvioni,
grandine, siccità e i molti accidenti temuti.
Le figure sacre, con
funzioni taumaturgiche, venivano collocate in nicchie e piccole
cappelle, conferendo loro il potere di mediare tra l'umanità e
il cielo, tra questa umanità semplice e la Provvidenza, con la
certezza che essa non abbandona chi, pur nella precarietà del
vivere, non dispera.
Cesare Spezia
|
|